Il luogo dove "sono"

06.01.2023

Dov'è che io sono in quanto soggetto? In quanto un Essere?

Per la psicoanalisi, il luogo in cui io sono come soggetto non è quello dove io penso di essere, anzi - sovvertendo il principio cartesiano del penso, dunque sono - non è mai quello dove io mi penso, poiché, se c'è un luogo in cui io in quanto Essere sono, è proprio quello in cui non penso di essere. A differenza della posizione della filosofia, per la psicoanalisi dunque non sono nel Cogito cartesiano.

È famoso a questo proposito l'aforisma di Lacan: "penso dove non sono e sono dove non penso".

Cosa vuol dire che io non sono mai dove penso di essere? Perché mai io non sono proprio lì dove mi penso? Perché lì dove mi penso non sono Io, ma il significante che mi rappresenta come un Io. Per Lacan "il significante è ciò che rappresenta un soggetto per un altro significante" e dunque, il significante, mi rappresenta, certo, ma proprio in quanto io non sono lì, proprio in quanto io non posso esser lì, e per la ragione che non si può essere lì dove si è rappresentati.

Non sono dunque nel significante, nel significante sono solo rappresentato e quindi, come dice Lacan, vi sono in quanto mancante-a-essere. L'effetto dell'azione del significante è quello di privarmi del mio Essere, secondo il principio logico che il significante uccide la cosa: il significante nullifica l'essere producendone la mancanza, la mancanza-a-essere, vale a dire il Non Essere.

Per questo, io non sono nel mio nome, e non sono neanche dove mi descrivo, né dove, pensandomi un essere, mi presento agli altri. Non sono dove parlo, neanche dove parlo di quel me che ritengo di essere.

Ma se io non sono nel significante che mi rappresenta, non sono nel mio nome, non sono neanche dove parlo e dove penso di essere, allora dov'è che io sono? Se non sono nel significante in quanto, per la sua azione di nullificazione della cosa, mi produce come un mancante-a-essere, come un non-essere, va da sé che io posso essere solo lì dove fallisce l'azione nullificante del significante. E dove fallisce questa azione di nullificazione del significante? Fallisce dove la parola cessa di essere compresa come tale, vale a dire come significante, e dove di essa rimane solo la voce.

È la voce, l'oggetto voce, dice Lacan, che fa da inciampo all'azione mortificante del significante. Vediamo come lo dice Lacan a pag. 823 di "Sovversione del soggetto e dialettica dell'inconscio" in Scritti, Einaudi, Torino, 1974:

"Io sono nel posto da cui si vocifera che «l'universo è un difetto nella purezza del Non-Essere»".

Cosa vuol dire Lacan con questa frase? Vuole dire appunto che io sono dove giunge dall'Altro (si voci-fera) la voce, come voce al di là della parola, vale a dire la voce che, in quanto voce, quindi oggetto, parola ridotta all'osso, fa da intralcio all'azione del significante, in modo tale che possa cessare il Non-Essere per costituirsi l'Essere (l'infinito). L'Essere è dunque ciò che rende impura, imperfetta la purezza del Non-Essere prodotto dal significante in virtù della sua azione nullificante della cosa. Noi quindi siamo lì dove fallisce il Significante, lì dove l'ordine del Simbolico collassa sul Reale, inteso come ciò che non è docile al significante.

Ora, come chiama Lacan questo luogo dove si vocifera della impurezza del Non-Essere? Sentiamolo direttamente da lui, sempre a pag. 823 dell'opera citata:

"[...] Questo posto si chiama Godimento, ed è ciò il cui difetto renderebbe vano l'universo"

Il luogo dove io sono è dunque il luogo che Lacan chiama Godimento, intendendo con ciò quel luogo che, se non ci fosse, sarebbe vano l'universo, nel senso che non esisterebbe nulla. Se il significante non fallisse l'effetto sarebbe il Non-Essere, il Nulla.

Insomma, il soggetto è nel luogo del Godimento, laddove il soggetto che il significante rappresenta per un altro significante, in quanto mancante-a-essere per l'azione del significante, si costituisce come soggetto del desiderio, per questo possiamo dire che, se dal lato del desiderio il soggetto ritrova la propria mancanza ad essere, dal lato del godimento ritrova il proprio essere come ciò che resiste all'azione mortificante del significante.

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